TOMMASO DE CARLO

DECORATORE D'INTERNI

FIRENZE

Artigianalità

Intervento di Tommaso De Carlo al Convegno UNESCO: 
Il Linguaggio Universale della Musica e dell'Arte per un'Etica Globale. 
In qualità di rappresentante della Fondazione Firenze Artigianato Artistico (tavola rotonda I Valori etici nelle arti minori: l'artigianato).
11 marzo 2013, Firenze – Palazzo Medici Riccardi

TOMMASO DE CARLO
Etica come componente costitutiva nell'artigianato artistico e tradizionale

L'esposizione che non può in alcun modo prescindere dal racconto della propria esperienza lavorativa, illustra brevemente gli episodi e la carriera del relatore, che ha percorso le più esemplari tappe del mestiere artigiano. Tommaso De Carlo, classe 1959, dopo studi professionali specifici presso l'Istituto d'Arte di Firenze, ha iniziato a collaborare con varie botteghe artigiane fiorentine, nell'ambito delle quali ha completato il proprio percorso di apprendistato fino al raggiungimento della propria maturità professionale, raggiunta intorno agli anni Ottanta. Grazie a questo prezioso bagaglio di esperienze sia umane che lavorative, De Carlo è stato in condizione di poter gestire una più strutturata attività in proprio, nell'ambito del cui circuito ha a sua volta accolto e formato nuove leve, sviluppando nel contempo proficue collaborazioni con architetti, arredatori.

L'intervento è incentrato sul rapporto esistente tra etica e artigianato e vuole evidenziare come l'etica, sia utile e necessaria nello sviluppo di un sano rapporto e ambiente lavorativo artigiano improntato ad un'ottimale relazione fra maestro artigiano, allievi e loro reciproca e solidale relazione con la materia e il prodotto.
La bottega artigiana, come esempio di microcosmo, presenta un ottimo osservatorio all'interno del quale individuare sia una buona selezione delle problematiche sociali e relazioni comuni a molti altri ambienti lavorativi, ma pure il luogo in cui poter osservare la persistenza di alcune peculiarità che ne fanno un unicum di genere e che possiamo individuare – praticamente invariate – dal Rinascimento ad oggi.
Al centro di questo ambiente di lavoro domina il Maestro, che rappresenta non solo il cardine su cui ruotano gli apprendisti – allievi, ma l'anello di congiunzione tra la tradizione del sapere e l'interpretazione della contemporaneità. Il Maestro è difatti il contenitore principale di tutto quel patrimonio di saperi e prassi operative che solo attraverso una stretta vicinanza protratta nel tempo potranno essere trasferite agli allievi, sempre che essi ne abbiano la predisposizione e volontà, producendo il corretto trasferimento del mestiere.

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La modalità di trasmissione del patrimonio di saperi del Maestro all'allievo è, nella bottega artigiana, caratterizzata non solo dal continuo, disciplinato e armonioso confronto con il docente, ma pure dalla relazione fattiva e dinamica del discente con la materia e con le problematiche di trattamento a cui essa obbliga: una teoria che si evolve in prassi continua.
Per rendere umanamente proficuo ed economicamente sostenibile questo modello produttivo, l'etica deve dare forma a tutti i rapporti ed essere messa al centro della propria quotidianità, anche ben al di fuori dell'immediato perimetro della bottega. Il Maestro deve - infatti – rappresentare per l'allievo sia un autorevole modello di autonomia e capacità lavorativa a cui tendere e, magari, superare, ma anche un alleato, complice e guida per la sua formazione intellettuale e sociale. La stessa scelta di proseguire un'attività in estinzione, collegata al territorio e dalle forti valenze di tradizione locale, sicuramente rappresenta una scelta etica e di non facile percorribilità.
Nella prassi artigiana è il lavoro stesso a generare un'urgenza etica, perché essa è data dalla continua e dinamica relazione con la materia, da quel pensiero che si fa azione, da quelle mani guidate dal pensiero. Se questo circuito riesce – nel tempo – a svilupparsi in maniera virtuosa, mantenendo cioè una giusta tensione etica, si ha come risultato il prodotto che la mente ha preconizzato nella sua astrazione creativa iniziale. In caso contrario, quando cioè il percorso di avvicinamento all'obiettivo pecca e risente di alcune ingenuità o pregiudizi formativi, l'oggetto può arrivare a non corrispondere affatto al risultato desiderato, tradendone evidentemente le fragili premesse nella sua forma finale.
Ma esiste pure un atteggiamento etico che l'artigiano esercita naturalmente o impara ad esercitare grazie al suo percorso educativo, nei confronti non solo della prassi lavorativa in sé medesima, ma pure della singola essenza della materia e che rappresenta il fondamentale stimolo per ammirare la natura come valore superiore in sé, perché portatore e veicolo di bellezza.
E' infatti il riconoscimento di questa etica, caratteristica costitutiva della bellezza, a stimolare nell'artigiano un approccio verso la materia, che lo porta a comprendere i limiti pur anche nella volontà di sfidarli e superarli, grazie all'abilità di cui si sente dotato. L'osservazione della bellezza – perfezione non è un termine sprecato in questo caso – presente e riconoscibile dall'artigiano nella materia naturale indirizza la sua volontà a produrre oggetti che risultino sia in sintonia con tale patrimonio generativo, che capaci di replicarne il contenuto estetico. Difatti la consuetudinaria vicinanza con i materiali belli, induce a creare oggetti capaci di farsi ammirare, dunque imitatori di quel fortunato equilibrio estetico.
Specificatamente nella mia attività di decoratore io ho sempre perseguito, nel ricreare un'armonia di forme e decori, la radice stessa degli elementi, per lo più di matrice classica, che ho teso ad interpretare in maniera sia filosofica che contemporanea. Ogni ambiente risulta infatti vocato, nell'occhio del professionista che lo osserva, ad essere decorato con una particolare tinta o con uno specifico trattamento delle sue superfici. La ricerca dell'equilibrio deve infatti tener conto non solo dei desideri del committente, ma pure delle suggestioni storiche che attraversano i luoghi e che richiedono rispetto, al fine di garantire una loro leggibilità armonica con l'insieme; il rispetto della natura del luogo e del suo divenire è sempre etico.

Il riconoscimento della bellezza in una città come Firenze, si estende ben oltre i confini del proprio tavolo di lavoro ed investe il territorio e l'ambiente urbano, da cui l'artigiano riceve sprone continuo al proprio miglioramento culturale e professionale. Come rimanere indifferenti davanti allo spettacolo del profilo delle colline che circondano la città, di alcune panoramiche campestri o dell'equilibrata potenza delle sue architetture civili e private? Come non provare il desiderio di imitare quella sapienza visionaria che ha saputo ispirare la forma della Cupola al Brunelleschi, nel cui profilo tutta la città – tuttora – si riconosce in comunità organizzata e laboriosa? Risulta indubbio che dal rapporto con il territorio ognuno tragga le proprie suggestioni e che la qualità di questi stimoli siano migliori nel luogo in cui essi risultino concentrati sia in quantità che in qualità.
Il Vecchio Conventino di Firenze, situato in via Giano della Bella, ha fin dai primi anni del secolo scorso, dal 1920 circa, rappresentano un luogo di incontro – incubatore – adatto a sviluppare la miglior sinergia artigiana, grazie alla presenza contemporanea di più Maestri e di svariate specializzazioni, dal fabbro al doratore, dal decoratore all'intagliatore, dall'argentiere, all'incisore, fino a ospitare i primi seguaci delle più moderne e scientifiche prassi di restauro. Nei suoi spazi, che prima di essere botteghe sono state celle claustrali, gli artigiani sono stati capaci di tenere coese all'insieme le loro singole celle, preservando la tradizione toscana e fiorentina. Il recente risanamento e ristrutturazione voluti dal Comune di Firenze – a partire dal 2005 – a cui si deve la sua forma attuale, ha saputo non tradire quei principi di autonoma organizzazione fra simili, restituendo al lavoro artigiano anche la dignità di un salubre ambiente lavorativo. All'interno del Vecchio Conventino è ospitata inoltre la Fondazione di Firenze per l'Artigianato Artistico, che promuove le attività artigiane cittadine.

 

 

Il criterio della verità è la bellezza
(Hans Urs Von Balthasar)